di Salvo Barbagallo
Ma la Sicilia che c’entra con la Libia e l’Isis? Anche se nessuno lo dice, probabilmente c’entra, e c’entra per via di Sigonella, Trapani, Pantelleria, Augusta, eccetera. E c’entra anche (se non soprattutto) per via dei profughi che cercano (o cercheranno) di raggiungere le coste dell’isola in cerca di una (possibile?) salvezza.
Ma (scusate se iniziamo sempre con un “ma”), ma da quanto tempo si attendono decisioni da parte della cosiddetta Coalizione internazionale per risolvere in maniera concreta il “caso” (non problema?) della libia invasa dal’Isis e devastata dai conflitti interni? Si è perso (forse) il conto dei mesi, e (fra l’altro) non si sente più discutere sui raid aerei delle Potenze già in azione o dei reparti militari speciali che questo o quel Paese europeo hanno posto operativamente su quel territorio.
Ma la Sicilia, che c’entra nei giochi politico/bellici internazionali? La circostanza che la Sicilia raramente venga menzionata non deriva dal fatto che abbia un suo specifico ruolo sul piano concreto. Non è la prima volta (né, probabilmente, sarà l’ultima volta, tranne impedimenti “forzati”) che noi ricordiamo la forte presenza militare “stabile” in Sicilia di un Paese “straniero” se pur “alleato”, gli USA. In nome dell’Alleanza e in virtù di accordi bilaterali con l’Italia, gli Stati Uniti hanno avuto in “concessioni” (e, ovviamente, mantengono) parti del territorio nazionale per installare loro basi militari “autonome”. La Sicilia da decenni è stata trasformata in roccaforte avanzata del sistema difensivo USA in questo lato del mondo, da anni in subbuglio bellico interno. Gli enormi investimenti economici (miliardi di dollari) statunitensi per rendere le “loro” installazioni esistenti sempre più efficienti tecnicamente e temibili da un punto di vista militare, hanno ampiamente dimostrato che gli USA non possono fare a meno della Sicilia, e hanno dimostrato altresì l’intenzione di accrescerne il già eccessivo potenziale bellico. Il caso/problema/Libia ha posto e pone in forte evidenza il rapporto “intoccabile” USA-Italia mostrando anche che sono pretestuose le schermaglie che sono scaturite recentemente in merito alla partecipazione italiana (cinquemila uomini) nell’eventualità di un intervento armato in Libia da parte della Coalizione internazionale. Il premier Matteo Renzi è scivolato su una buccia di banana (volutamente o no?) smentendo le stesse intenzioni espresse sia da lui che da altri esponenti del governo, là dove è stata richiesta apertamente la leadership italiana della Coalizione in Libia. Ma forse il punto focale non è questo.
Gli interrogativi che molti si pongono riguardano le “indecisioni” su come risolvere la questione della Libia e del terrorismo dell’Isis, nonostante che l’attenzione sia indirizzata sull’immigrazione dei profughi, che è il risultato più evidente e tragico dei conflitti che agitano i Paesi vicini. “Schermaglie” o presunti “contrasti” che hanno posto quasi nel dimenticatoio quanto accade in Siria, il destino di Assad, l’accresciuta presenza della flotta russa nel Mediterraneo, le azioni intraprese e che intraprendono Francia, Germania e Gran Bretagna. Viene generata confusione ad arte? Difficile stabilirlo.
In queste condizioni di tira e molla, c’entra una Sicilia in attesa pre-bellica nelle sue postazioni e sedi avanzate nello scacchiere mediterraneo. Una situazione che, apparentemente, non sembra toccare i Siciliani e non sembra interessare gli stessi responsabili della vita della collettività, cioè chi governa la Regione, chi governa il Paese.
Nel rebus delle (in)decisioni internazionali la Sicilia è passiva. O, forse, è soltanto fatalista…